La trattativa commerciale non è una sfida

La trattativa commerciale non è una sfida

Devi conquistare il cliente a tutti i costi... (???)

Devi conquistare il cliente! Un imperativo che domina le sale riunione, così come risuona con forza in certi tipi di aule di formazione. Titoli come “Le cinque, sette, dieci regole per vendere a chi vuoi” ecc., inondano l’intero web. Articoli che contengono la panacea per “vincere” sul cliente, per essere un venditore perfetto. Il termine trattativa viene a così confuso con quello di “sfida” con il potenziale cliente. 

Proprio per tutta questa quantità di indicazioni e di dichiarazioni di “guerra” al cliente, mi è capitato molto spesso, in tanti anni di attività formativa, di incontrare partecipanti convinti che dimostrare competenza commerciale dipenda dalla capacità di convincere il cliente, o meglio, vincere sul cliente.

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Qual è il motivo? È difficile individuare un motivo preciso e sufficientemente certo. Forse non risulta neppure particolarmente interessante o utile farlo. L’unica cosa concreta e assodata, è che il convincimento di molti venditori è quello di dovere convincere

Cosa succede dunque? Il risultato di questo convincimento  è che il professionista si comporta da venditore d’assalto, ciò come colui che ha il compito e il dovere di forzare la scelta del prodotto specifico. In un’altra occasione abbiamo già affrontato che il dogma diventa vendere, vendere, vendere, a qualunque costo e con qualunque effetto immediato o futuro. 

Il convincimento comporta sempre una forzatura. Generalmente le forzature non vengono apprezzate dalle persone. In che senso si può parlare di forzatura? Non mi riferisco certamente a fatti “violenti”, ma ai tentativi di manipolazione che alcuni venditori cercano di mettere in atto.

Ho letto di recente un articolo che suggeriva ai venditori che si deve manipolare per forza, disconoscendo il fatto che una trattativa possa essere etica. Mi ha colpito molto il fatto che con grande leggerezza si sostenesse l’impossibilità di utilizzare “lavaggi del cervello” che, i guru della formazione alla trattativa etica considerano immorali.

Pur non sentendomi affatto un guru, sostengo con grande forza che la trattativa possa essere assolutamente etica. Sono confortato dal fatto che molte persone, dopo avere seguito i miei corsi, applicano con successo il metodo di trattativa etica. Significa dunque che si può fare! Non solo: porta anche degli ottimi risultati e rende le persone soddisfatte del proprio lavoro. 

Il punto in questione, è che non si tratta di scomodare il concetto di moralità quando si svolgono attività commerciali come quelle della trattativa, ma di essere determinati nella  produzione di valore condiviso, utilizzando comportamenti e strumenti costruttivi. Questo è il mio significato di trattativa etica. 

Perché dovrebbe essere così impossibile un approccio al cliente senza avere alla base l’idea di manipolare la mente del cliente? Perché dover “ficcare” nella sua testa ciò che mi fa comodo e che forse a lui non interessa o non gli è utile? 

Qualunque realtà aziendale oggi ha la possibilità di proporre servizi e prodotti di tipo diverso, ma in molti casi, la forza commerciale ne propone solo una minima parte, di solito quella più comoda, facile, o quella che piace a loro stessi. Perché? A volte per pigrizia, altre per arroganza, ma più spesso per incompetenza commerciale: non sanno fare che questo. 

Cosa si può fare in alternativa? Tanto di più, ma soprattutto molto di diverso. Non si può certamente improvvisare una forma di trattativa differente se non si comprendono le basi fondamentali di un approccio etico. Senza nessuna pretesa di sintetizzare una formazione specifica, posso dire che se il professionista pensa - agisce - parla partendo unicamente dal proprio interesse, non sarà possibile generare fiducia e il potenziale cliente si allontanerà nella maggior parte dei casi. 

Infatti, è abbastanza evidente oggi che il cliente tenda ad essere molto più attento e smaliziato rispetto ai tentativi di manipolazione e di raggiro messi in atto nei suoi confronti. È sempre meno vulnerabile ad una comunicazione distorta e sempre più attento e sensibile ad una forma espressiva più responsabile.

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La filosofia di fondo della trattativa etica è che non si vende nulla a nessuno, ma si mette il potenziale cliente in condizione di effettuare il proprio acquisto con noi o tramite noi. Questo non deve significare però fare i dispensatori di informazioni gratuite, o peggio ancora, forzare, millantare e affabulare,  ma mettersi accanto al cliente generando il valore che è disposto a pagare. 

Cos'è l'interpretazione etica della vendita

Come è possibile? Da dove cominciare? Il punto iniziale è l’orientamento all’altro. 

È fondamentale iniziare uno scambio partendo da ciò che interessa al cliente, dai suoi desideri e dai suoi personali obiettivi. 

Il professionista commerciale etico dimentica prodotti e soluzioni orientandosi al proprio interlocutore; questa è la chiave etica. Prodotti e soluzioni rappresentano i mezzi che il professionista impiega per raggiungere il risultato di valore. Non rappresentano e non possono rappresentare il centro della sua attenzione. Questo è rappresentato dal cliente. È la persona il cuore dell’attività che si svolge e sviluppa intorno ad essa.

È particolarmente importante  dunque acquisire una forma mentis che porti ad abbracciare e risolvere quello che per il cliente è importante in termini di valore personale. Nessuno deve essere convinto del valore che è importante per lui. Lo sa già. 

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