In quanto manager, cosa faresti per gestire la situazione quando hai persone in azienda che spacciano informazioni senza avere le sacrosante competenze per poter sostenere le proprie opinioni? Solitamente in breve si crea il caos e altre persone seguono a ruota. Diciamo che è una questione di gestione della leadership. Ma cosa accade in concreto? Che moltissime persone si sentono in grado di fornire ricette magiche per risolvere ogni questione, spesso mancando sia di esperienza che di specifica conoscenza di una determinata questione strategica o pratica.
Le aziende non sono immuni da questi nuovi atteggiamenti di espressione e forse il contesto di diffusione più limitato (non per questo meno complesso) riesce a determinare una risonanza maggiore. Parliamo della democratizzazione delle informazioni, ovvero cosa succede quando le persone posso accedere ai canali di comunicazione e usarli - quasi - a loro piacimento. Ma facciamo un brevissimo passo indietro rispetto al 2021 (saltando a piedi uniti il 2020 😅)
Lo sviluppo culturale della nostra società e l'accelerazione incredibile a cui la nostra vita ha assistito negli ultimi 70 anni, hanno messo molte persone nella condizione di essere coinvolte attivamente negli eventi che riguardano la propria vita. Detto così, nel 2021, circondati da smartphone, intelligenza artificiale, ecommerce e chat di vendita, droni e social tv, sembra molto ovvio.
Eppure questa conquista sociale, ancora agli inizi del '900, non era affatto scontata.
Un po' di wikipedia e di libri di storia possono facilmente sostituirsi a questo blog e raccontare in modo molto più autorevole tutto quello che è successo prima del 1950.
Oggi è tutto molto, molto diverso.
L'autorità centrale (che può essere il governo, la famiglia, un gruppo di discussione su facebook o un'azienda) può essere messa in discussione e non è immune da attacchi e critiche; le persone hanno diritto di parola senza temere per il loro diritto alla vita (e comunque, ancora adesso, non di certo in tutto il mondo). Il singolo individuo, negli stati più democratici e tolleranti, percepisce da tempo una diversa possibilità di intervenire e di opinare direttamente sulle questioni che lo riguardano, più o meno direttamente. Ancora così scontato? Forse no.
Possiamo definirla democratizzazione dell'informazione.
Le informazioni al servizio dell'azienda (e non il contrario)
Anche le cause del cambiamento potrebbero essere interessanti da analizzare: cosa ha determinato questa nuova prospettiva socio-culturale?
Stiamo parlando di una trasformazione radicale, una coscienza individuale e sociale completamente diversa. E, soprattutto, una maggiore possibilità di accedere alle informazioni: anzi succede addirittura che le persone diventino parte dell'informazione stessa, contribuendo esse stesse al flusso di comunicazione attraverso le piattaforme e tecnologie messe a disposizione da internet e dal digitale.
Come in ogni rivoluzione culturale e sociale che si rispetti si possono segnalare aspetti positivi e negativi.
La diversa coscienza individuale è senza dubbio uno dei fattori di maggior rilievo positivo come detto: ognuno ha la consapevolezza di potere fornire un contributo utile allo sviluppo del sistema sociale e al miglioramento della propria personale condizione, almeno potenzialmente.
Sull'altro piatto della bilancia, quello meno positivo, si può individuare un difetto di controllo e di valutazione dei limiti entro i quali produrre il proprio contributo. Per cercare di essere più chiari, appare evidente che a molti "comunicatori" risulti difficile comprendere che il proprio contributo necessita di un determinato grado di competenza. E quando manca una sufficiente capacità di comprensione e di valutazione dei dati di origine, quando non esiste un'adeguata abilità di pensiero critico da parte dell'individuo, il risultato dell'esercizio è quasi sempre disastroso, sia nell'espressione, sia nelle conseguenze di risposta da parte del pubblico.
Sia ben chiaro, ognuno ha diritto ad avere un proprio pensiero, ma spesso ci accorgiamo facilmente di come il contributo restituito non sia adeguato e pertanto non possa fornire sempre un contributo utile.
Una buona dose di senso critico potrebbe mitigare gli effetti di queste prese di posizione; invece, spesso si nota la pretesa di assunzione di assoluta correttezza della propria soluzione, considerata come una vera e propria cura ad ogni problema; in sostanza, i capi sbagliano sempre e gli altri, quelli che guardano, sanno sempre cosa andrebbe fatto.
Non è da escludere che, in qualche caso, l'osservatore sia in grado di trovare una soluzione originale, ma troppo spesso ormai la polemica è al servizio della polemica: se tu fai una cosa io dico che ne avrei fatta una diversa.
Gli effetti di questo atteggiamento sono almeno due: il primo è che il "solutore" arriva sempre con il senno di poi: tutti sono bravi ad "indovinare" i risultati delle partite di calcio, il lunedì.
Il secondo è che quando i solutori sono chiamati ad agire in prima persona, non lo fanno.
Sono osservazioni sintetiche ma che vogliono aiutare a riflettere sull'importanza di ritrovare una posizione di lettura dei contesti più equilibrata, basata sull'umiltà e sulla disponibilità a contribuire positivamente e fattivamente, anziché esclusivamente in modo polemico.
La formazione etica per l'azienda: la leadership etica
Dopo queste considerazioni, di cosa abbiamo bisogno dunque all'interno di ogni azienda, indipendentemente dalla sua dimensione? Secondo noi, di un approccio differente nella gestione del capitale umano e di un nuovo modo di percepire contesto e azioni.
Non solo dunque chiedere ai manager una maggiore competenza in termini di leadership, ma anche acquisire individualmente una nuova leadership, in funzione di se stessi e della collettività.
Cosa possono fare le aziende in concreto? Possono porre una maggiore attenzione strategico-organizzativa sulle logiche e sulle pratiche etiche. Lavorare sulla formazione e sui corsi di leadership. Solo in questo modo avranno la possibilità di attrarre e trattenere il miglior capitale umano disponibile sul mercato.
Sono chiamate a ricercare ed applicare una diversa forma di leadership, quella etica, che i collaboratori inizino a ricercare ed apprezzare. Una leadership capace di accogliere le differenze e di farle emergere esaltandole in termini di quantità e qualità di risultati.
Il lavoro dunque come mezzo di espressione e non di oppressione del genere umano. Non si tratta di un traguardo impossibile ma alla portata di tutti coloro che comprendono il valore e la necessità di questo cambio fondamentale di paradigma. Il miglioramento personale è un cammino non una destinazione. Per ragioni di evoluzione culturale e sociale, non di meno che ambientali, il paradigma gestionale necessita di una grande trasformazione, ovvero di un passaggio da stimoli chiave quali competizione e crescita a quelli di STABILITÀ - SOSTENIBILITÀ - COLLABORAZIONE.
Non è realistico però pensare che tutto possa essere delegato alla buona volontà dei singoli. Le realtà aziendali che avranno la capacità di emergere e perdurare nel tempo saranno chiamate a compiere un lavoro attento di educazione di tutti i collaboratori nei tre elementi evidenziati, orientando gli sforzi verso una formazione adeguata attraverso corsi di leadership pensati per loro.