Ha ancora senso parlare di consumatori?

Ha ancora senso parlare di consumatori?

Perché si parla di consumatori? E ha ancora senso farlo?
Moltissime aziende, uomini marketing e commerciali parlano di consumatore al quale rivolgersi. 

Ha ancora senso oggi definire in questo modo la propria clientela o quella potenziale? È la domanda che mi sono posto quando ho iniziato il mio lavoro personale e professionale nel campo dell'etica applicata. In qualche modo, forse, la ricerca di una risposta è ciò che mi portato verso lo studio e l'applicazione dell'etica in azienda. 

Sono portato a pensare che il termine sia derivato unicamente dall'evidenza che il consumo fisico sia l'elemento conseguente all'azione di acquisto di un prodotto. Assolutamente inoppugnabile. Ciò che interessa alla definizione però, è ciò che sta a monte, ovvero ciò che rende il motivo del consumo secondario, e di conseguenza fuori luogo l'appellativo di consumatore.

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L’idea di un soggetto che consuma e basta, trova la sua dignità concettuale nell’interpretazione filosofica di Jeremy Bentham:

"La natura ha posto il genere umano sotto il dominio di due supremi padroni: il dolore e il piacere… Dolore e piacere ci dominano in tutto quel che diciamo, in tutto quel che pensiamo." 

Questo approccio sembra essere stato accolto pienamente dai pubblicitari moderni e dipinge l'uomo come homo sentiens (M. Lacroix), anziché come homo sapiens. A mio avviso però, si tratta di un’interpretazione particolarmente riduzionista dell'uomo. Ritengo infatti che non si possa rappresentare tutti gli esseri umani come soggetti governati dal proprio paleocefalo. 

Infatti le motivazioni individuali possono essere molteplici ed eterogenee, così come i valori: senso del dovere, giustizia, amore, altruismo, dedizione ecc. L'uomo è multidimensionale. 

Quali sono le attività distintive dell'uomo? Una su tutte è la volontà di indagare se stesso. È un essere capace di autocoscienza e di autoconoscenza.

L'uomo infatti, non rileva unicamente la piacevolezza o la dannosità delle cose e delle azioni, ma ne indaga la natura. Aspira alla conoscenza del vero, per cui è un animale cognitivo - teoretico.

Per questa ragione ha un bisogno costante di sostegno etico e psicologico da parte dei suoi simili. 

In questo possiamo trovare il vero motivo per orientare un’azienda in modo etico: riesce a seminare cultura etica; valore durevole nell'ambiente sociale circostante. Il bene genera bene e il male genera male. 

L’umano è un animale spirituale che esercita la propria spiritualità in diverse forme; la religione ne rappresenta solo una delle forme possibili. La spiritualità deve essere intesa come la ricerca personale del senso della vita in generale, della piena realizzazione. Il lavoro è uno strumento importante di espressione dell’individuo e della sua completezza. Trova la propria pienezza e valorizzazione in un’azienda etica.

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La dignità umana bandisce qualsiasi pratica di strumentalizzazione e di mercificazione dell'essere umano. 

È pura ingenuità o semplice opportunismo pensare il mondo economico come realtà riconducibile ai soli elementi materiali e ai meccanismi razionali? 

L'homo oeconomicus è una creazione fantasiosa degli economisti; un soggetto razionale inserito in un mondo razionale che non esiste. La formazione aziendale centrata sull’etica, consente di accogliere le evidenze prodotte dai numerosi studi neuroscientifici degli ultimi anni che contraddicono l’homo oeconomicus. Questi studi hanno dimostrato che ad ogni pensiero corrispondono delle emozioni e diverse sensazioni.

Oggi la pubblicità, il farsi conoscere, non è più sufficiente per una azienda o per un professionista; bisogna farsi scegliere in un mare di offerte, tutte apparente valide agli occhi della clientela potenziale. Il rischio è quello di essere "sepolti" dalla moltitudine, di essere sopraffatti dall'appiattimento prodotto dalla massificazione dell'informazione. 

Con il crollo del concetto di homo oeconomicus possiamo cominciare ad essere realmente diversi: siamo in grado di pensare alla persona e non al consumatore. 

L'appellativo di consumatore mi riporta all'idea dell’uomo come a quella di un soggetto importante solo per la sua capacità distruttiva, appunto il consumare risorse. Preferisco più rispettosamente pensare ad un individuo portatore di bisogni, desideri e aspettativa assolutamente personali e non massificabili in un cluster più o meno generico. 

Per questo ritengo assolutamente opportuno e fondamentale cambiare il modo di essere azienda e soprattutto di fare marketing e comunicazione.

Anche se ci troviamo in mondo profondamente cambiato, che continua la sua rapida trasformazione giorno dopo giorno, di fatto possiamo rilevare che alcuni bisogni umani fondamentali non sono mutati minimamente: benessere - soddisfazione - conoscenza - salute ecc. sono cambiati solo i parametri di valutazione del loro livello, così come gli strumenti attraverso i quali soddisfarli. 

Per questo sono fortemente convinto della necessità di utilizzare il marketing etico, un marketing umanistico, nel senso di essere centrato realmente sull'uomo e sulle sue caratteristiche.

Un mezzo di comunicazione capace di discostarsi di molto dalle tecniche di hard-selling tipiche di certi settori e di certe aziende. La comunicazione e le strutture di marketing devono essere sofisticate letture del genere umano nel rispetto delle sue caratteristiche e dei suoi valori. 

Ogni realtà aziendale può essere adeguata al mercato attuale interrogando se stessa:

  • Cosa faccio nel mercato? 
  • Come riesco ad essere competitivo senza essere distruttivo? 
  • Come posso rispondere alle attese? 
  • Cosa si aspetta lo specifico cliente? 

C’è molto lavoro culturale che è possibile fare all’interno dell’azienda dal punto di vista etico offrendo un reale vantaggio competitivo ad ogni organizzazione.

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