“Come posso riuscire a migliorare la mia abilità di vendita? Qual è la ricetta miracolosa che trasforma in venditori meravigliosi? Come faccio a vendere al cliente tutto quello che voglio?”
Queste sono alcune delle domande che mi vengono rivolte più spesso e da anni nelle aule di formazione quando propongo temi commerciali.
La mia risposta è - sempre più fermamente - questa: “non vendere”.
Le facce si trasformano, spaziando da espressioni di sorpresa a quelle di delusione fino al dissenso vero e proprio.
Non stupisce trovarsi di fronte a queste reazioni, in quanto il credo propugnato per anni da molte scuole di formazione è esattamente all’opposto: convinci! affascina! spiega! esalta il prodotto! In una estrema sintesi “vendi a tutti i costi!”.
Ovviamente qui non si vuole mettere in discussione l’esigenza di produrre fatturato, aspetto fondamentale sia per il professionista che per l’azienda. Il punto di attenzione è quello sul come arrivare a farlo.
Uno dei pilastri fondamentali che ho indicato nel lavoro editoriale sul marketing etico è l’osservazione diretta del cliente e del potenziale cliente. Concretamente mi riferisco all’idea di sviluppare un’attività di comunicazione o comunque commerciale in diretta relazione con quanto ci si sforza di rilevare osservando comportamenti e ascoltando i convincimenti delle persone alle quali la soluzione prodotto è destinata.
Sembrerebbe un’indicazione scontata ma, a ben vedere, ciò che accade nella realtà è che molto spesso si è lontani dall’osservare e ascoltare i propri interlocutori di mercato.
Ne rappresenta una prova concreta il fatto che ancora oggi si parla con grande enfasi di vendere.
Quello che propongo nella formazione e nella consulenza da anni è, al contrario, di concentrarsi sull’idea che è il cliente ad acquistare anziché il professionista a vendere.
L’applicazione dell’etica al mondo commerciale porta alla considerazione dell’altro come ad un “sistema ecologico”orientato al mantenimento della migliore funzionalità possibile tra le sue parti. Un sistema diverso da ogni altro e conosciuto solo dal diretto interessato: lui, il signor cliente.
Osservando il nostro mondo non è difficile e neppure nuovo, rilevare che si tratta di un contesto in continua e rapida evoluzione, che trasforma se stesso e pretende una continua trasformazione dell’individuo.
Tutto ciò comporta l’essere costretto a riformulare la propria struttura di consumo ma soprattutto rivedere i propri criteri di scelta.
Attività tutt’altro che semplice, priva di inconvenienti e di rischi. Difficile la vita del cliente!
In questo processo che si può definire a buona ragione come obbligato, se lasciata a se stessa la persona rischia di effettuare riformulazioni molto emotive e a volte poco efficienti.
È assolutamente normale per il cervello ricorrere all'archivio dei propri convincimenti e allontanarsi dalle situazioni percepite come potenzialmente pericolose o dannose.
Tutto ciò che viene proposto “forzatamente” viene naturalmente percepito dal cervello come “minaccioso” o nella migliore delle ipotesi come fastidioso.
Oggi la reazione tipica di molti individui agli addetti alle vendite è esattamente questa. Si dimostrano sempre più insofferenti e restii ad interagire con i venditori d’assalto; così infatti vengono percepiti e vissuti.
Cosa fare dunque per raggiungere l’obiettivo? Come dicevo in precedenza - non vendere - ma fare in modo di essere un supporto all’acquisto.
Per poter realizzare questo obiettivo è fondamentale avere la ferma intenzione e volontà di incontrare l’altro, di entrare nel suo mondo e nel suo personale modo di vedere la situazione e la problematica che sta cercando di affrontare e risolvere.
Per questo motivo il modo in cui un professionista interagisce rappresenta un fattore critico sulle decisioni di acquisto di un potenziale cliente. Incide molto di più del marchio, del servizio e in molti casi del prodotto stesso.
Rispetto al passato dobbiamo considerare due aspetti fondamentali: il primo è che il cliente entra in contatto con il professionista molto più tardi rispetto ad un tempo, quando approcciava immediatamente dopo avere maturato una semplice ipotesi di acquisto. Il secondo è che il tempo di scambio con il professionista è molto più breve frettoloso.
Quello che sono convinto sia sempre più utile è l’adozione di un metodo che definisco TRATTATIVA ETICA AGILE©: elementi di valore condiviso - sintesi - comunicazione etica.
Le competenze personali di un tempo non saranno più sufficienti. Contrariamente al pensiero comune queste competenze non sono innate ma possono essere apprese con impegno nel corso della propria vita.
Secondo questa metodologia incontrare il cliente significa centrare l’intero processo su di lui, staccandosi dal prodotto, cercando di comprendere il problema vissuto dal sistema persona.
È necessario che si capiscano le cause e in che modo il problema interessa e coinvolge il soggetto interessato, quali effetti genera o potrebbe generare su di lui e sul proprio intorno. Il cliente stesso lo deve comprendere o almeno percepirlo in modo chiaro, e anche in questo passaggio è il professionista che deve essere capace di offrire il suo supporto.
Bisogna ricordare che spesso è più facile imbattersi nei sintomi piuttosto che nelle cause, e che soprattuto la percezione distorta è il vero ostacolo alla soluzione.
Il compito è poi quello di collegare le cause alla soluzione agli occhi del cliente.
Come? È importante sviluppare quella particolare metodologia di trattativa indicata in precedenza, strumento capace di accompagnare il cliente lungo l’intero percorso decisionale che lo caratterizza.
Una ricerca della società Forrester Research evidenzia che l'88% dei clienti ritiene che il “venditore” non abbia capito il loro problema e che sia maggiormente concentrato sulla vendita del prodotto che sulla generazione di valore condiviso.
L'errore più grave è quello di elencare benefici e caratteristiche sperando che colpiscano il cliente. Il cervello che stima qualcosa come non interessante, si sgancia da questa. Annoiare il cliente non porta mai ai risultati sperati.
Claudio Casiraghi